mercoledì 30 giugno 2010

Giustizia: tanti pesi e tante misure?

Stamattina su un quotidiano a distribuzione gratuita ho letto due notizie che mi hanno dato da pensare.
La prima, mezza pagina, raccontava la storia di un uomo che è sotto processo da cinque anni per aver rubato il cappuccio della valvola di uno pneumatico del valore di pochi centesimi. L’ho ripescata su Internet e la potete leggere su "Sotto processo da cinque anni per un tappino da 10 centesimi" oppure su "L'incredibile caso del tappo della gomma". In poche parole, cinque anni fa un uomo alla guida di un’auto aziendale, per ripicca nei confronti di un altro automobilista con cui si era conteso un parcheggio, gli rubò un cappuccio dalla ruota. Una cittadina solerte avvisò il proprietario dell’auto e i carabinieri; sebbene il derubato non intendesse procedere, la burocrazia dovette farlo: si trovò così nei guai il proprietario dell'impresa, a cui era intestata l'auto. Un Pm chiese l'archiviazione ma il giudice considerò il fatto "furto aggravato" dando il via ad un procedimento lento oltre che ridicolo.

Stupita per la notizia, ho continuato a sfogliare le pagine e mi è caduto l'occhio su un piccolo trafiletto: "Primario condannato salvato da prescrizione", riportato qui. In sintesi, un medico di una clinica di Como, condannato a cinque anni in primo grado per la morte di sette pazienti, si è visto cancellare l'accusa di omicidio colposo plurimo grazie ai tempi di prescrizione. Se vi interessano maggiori dettagli li trovate su "Il caso Rumi torna in aula ma i reati sono prescritti".

Chiudo il giornale perplessa. Vorrei avere i poteri magici come capita in molte serie TV e volare invisibile a scambiare gli incartamenti: far andare in prescrizione il processo per il tappino e far proseguire quello del primario. Ma non siamo in un telefilm. Perché se esiste un pool di magistrati che può portare avanti un processo per un danno irrisorio non ce n’è uno che possa impedire la prescrizione di un processo per reati gravi? E’ vero che anche il furto è reato, è vero che il nostro ordinamento prevede il principio dell'obbligatorietà dell'azione penale, ma la storia del tappino sembra davvero una presa in giro oltre che uno spreco di soldi, quando le risorse potrebbero essere impiegate a giudicare crimini ben più importanti. Uno smacco, soprattutto pensando a chi chiede e aspetta da tempo "giustizia".

martedì 15 giugno 2010

Il diritto di avere dei diritti

Sarà la provenienza da una famiglia operaia, ma devo ammettere che le notizie relative al mondo del lavoro mi colpiscono sempre.
E’ di questi giorni il polverone sull’accordo di Pomigliano. Marchionne, ad Fiat, deve decidere se portare la produzione della Nuova Panda allo stabilimento di Pomigliano d’Arco (Napoli) oppure in Polonia. L’azienda per investire ha bisogno di garanzie e Marchionne chiede che ai lavoratori di trovare "il coraggio di operare un profondo cambiamento che superi gli schemi e i comportamenti del passato, incompatibili con le sfide future" cito da qui.



Cosa significa?
Viene predisposto un accordo, presentato ai sindacati e firmato da Fim, Uilm, Fismic e Ugl ma non dalla Fiom (il sindacato della Cgil).
Molto hanno scritto i giornali e detto i telegiornali, ma l’accento cade soprattutto sulla limitazione del diritto allo sciopero. Essendo curiosa di natura ho letto qua e là cercando di saperne di più. Ho trovato su Intenet il testo del documento: oltre agli articoli di giornale (ad esempio Repubblica), sul sito rassegna.it si trovano i file in formato pdf con le firme dei rappresentanti, compresi gli allegati tecnici.
In molte parti l’interpretazione non è semplice, in particolare per chi non è addentro al mondo della fabbrica e delle leggi sul lavoro. Però ho provato a leggerlo e a raccogliere le mie osservazioni su alcuni punti in particolare.

Punto 1. Orario di lavoro
La produzione della futura Panda si realizzerà con l'utilizzo degli impianti di produzione per 24 ore giornaliere e per 6 giorni la settimana, comprensivi del sabato, con uno schema di turnazione articolato a 18 turni settimanali.

In cosa consistono i 18 turni?
Se conoscete qualcuno che lavora in fabbrica sapete già che il lavoro è articolato su tre turni: primo dalle 6 alle 14, secondo dalle 14 alle 22 e notte dalle 22 alle 6 del giorno successivo.
Bene, 18 turni significa che sono lavorativi 6 giorni alla settimana, compreso anche il sabato, che non sarà più considerato straordinario né quindi pagato con la maggiorazione.

Visto che l’orario è (ancora, almeno per ora) di 40 ore settimanali, come ci si regola per il riposo? Ci sono due diverse ipotesi al momento, ma a quanto ho capito, uno schema approssimativo potrebbe essere quello "a scorrimento". Una volta si sta a casa domenica e lunedì, poi domenica e martedì, domenica e mercoledì, domenica e giovedì, domenica e venerdì, ogni tanto finalmente capita domenica e sabato. Obietterete voi: le commesse nei supermercati e nei negozi lavorano sempre di sabato. Giusto. E poi un operaio soldi per farsi il weekend fuori con la famiglia non ne ha, allora tanto vale che lavori....

Prosegue il punto 1.
L'attività lavorativa degli addetti alla produzione e collegati (quadri, impiegati e operai), a regime ordinario e ferma la durata dell'orario individuale contrattuale, sarà articolata su tre turni giornalieri di 8 ore ciascuno a rotazione, secondo i seguenti orari:
•primo turno dalle ore 6.00 alle ore 14.00, con la mezz'ora retribuita per la refezione dalle ore 13.30 alle ore 14.00;
•secondo turno dalle ore 14.00 alle ore 22.00, con la mezz'ora retribuita per la refezione dalle ore 21.30 alle ore 22.00;
•terzo turno dalle ore 22.00 alle ore 6.00 del giorno successivo, con la mezz'ora retribuita per la refezione dalle ore 5.30 alle ore 6.00.


Mi ha incuriosito lo slittamento della pausa pranzo, evidenziato solo da alcuni giornali.
Gli operai per mangiare hanno oggi mezz’ora retribuita, con orario che varia a seconda delle azienda ma indicativamente potrebbe essere 11.30-12 per il primo turno, 19.30-20 per il secondo.
Con l’accordo la pausa mensa viene spostata a fine turno. Cosa vuol dire?
Significa che il ristoro non avviene più dopo le classiche 6 ore di lavoro, bensì alla fine del turno. Chi fa il primo ed è entrato alle 6.00 potrà andare a mangiare dalle 13.30 alle 14.00; gli operai del secondo turno entrati alle 14 andranno dalle ore 21.30 alle ore 22.00.
Io pensavo ci fosse una legge che prevedesse una pausa per il pasto dopo 6 ore di lavoro ma evidentemente mi sbaglio. Penso ad un operaio che deve entrare alle 6 e farà colazione più o meno alle 5, dipende da quanto abita vicino alla fabbrica. Ora aspetterà fino alle 13.30 per pranzare.
Magari tanti lavoratori a questo punto diranno: "mi fermo mezz’ora e mangio poi a casa". L’azienda in un colpo solo ottiene straordinari e riduce il costo della mensa (con probabili effetti a catena sulle società cooperative che gestiscono il servizio...).

Punto 2. Lavoro straordinario
Per far fronte alle esigenze produttive di avviamenti, recuperi o punte di mercato, l’azienda potrà far ricorso a lavoro straordinario per 80 ore annue pro capite, senza preventivo accordo sindacale, da effettuare a turni interi. [...] Il lavoro straordinario, nell’ambito delle 200 ore annue pro capite, potrà essere effettuato per esigenze produttive, tenuto conto del sistema articolato di pause collettive nell’arco del turno, durante la mezzora di intervallo tra la fine dell’attività lavorativa di un turno e l’inizio dell’attività lavorativa del turno successivo.

A quanto ho letto, attualmente sono 40 le ore di straordinario che in fabbrica si chiama "comandato", cioè che l’azienda può richiedere in un anno alle squadre di lavoratori.
Con l’accordo si passerebbe a 120 ore annue, con l’obbligo di avviso di almeno quattro giorni di anticipo. Ma c’è di più: la pausa mensa può essere soppressa per effettuare lavoro straordinario: in questo caso il lavoratore viene avvisato 48 ore prima. "Ue’ Gennari’... dopodomani portati un panino che c’abbiamo bisogno che ti fermi!!!"

Punto 4. Bilanciamenti produttivi
La quantità di produzione prevista da effettuare per ogni turno, su ciascuna linea, e il corretto rapporto produzione/organico saranno assicurati mediante la gestione della mobilità interna da area ad area nella prima ora del turno in relazione agli eventuali operai mancanti o, nell'arco del turno, per fronteggiare le perdite derivanti da eventuali fermate tecniche e produttive.

In pratica un operaio arriva al mattino e può essere spostato dove serve, dove magari manca qualcuno: questo significa che l’azienda può modificare le mansioni del lavoratore a seconda delle esigenze della linea. I sindacati qui sono critici perchè se l’azienda affidasse ai lavoratori anche attività non equiparabili verrebbe meno il principio dell’equivalenza delle mansioni.

Punto 5. Organizzazione del lavoro
Per riportare il sistema produttivo dello stabilimento Giambattista Vico alle migliori condizioni degli standard internazionali di competitività, si opererà, da un lato, sulle tecnologie e sul prodotto e, dall'altro lato, sul miglioramento dei livelli di prestazione lavorativa con le modalità previste dal sistema WCM e dal sistema Ergo-UAS. Le soluzioni ergonomiche migliorative, derivanti dall'applicazione del sistema Ergo-UAS, permettono, sulle linee a trazione meccanizzata con scocche in movimento continuo, un regime di tre pause di 10 minuti ciascuna, fruite in modo collettivo, nell'arco del turno di lavoro, che sostituiscono le attuali due pause di 20 minuti ciascuna.

Troppe sigle... Dunque, WCM significa World Class Manufacting: si tratta di un sistema che prevede la riorganizzazione della fabbrica e degli spazi attorno agli operai in modo che il lavoratore trovi sul banco attorno a se tutto ciò di cui ha bisogno per produrre i suoi pezzi limitando gli sprechi di tempo per l’approvvigionamento o altre lavorazioni.
ErgoUas è invece una metodologia che viene applicata alle lavorazioni per calcolare i tempi di esecuzione (un'operazione più faticosa richiede un tempi di esecuzione più ampi) o di riposo (necessario se si è costretti ad effettuare movimenti che a lungo possono risultare dannosi per la salute come ad esempio piegare la schiena o sollevare pesi).
Se vi va di approfondire, date un’occhiata a questo articolo: "La fabbrica che non spreca un minuto. Così nasce l'operaio a ciclo continuo".

Bene, secondo l’accordo di Pomigliano l’introduzione di queste "soluzioni ergonomiche migliorative" giustifica la ridefinizione dei tempi e dei ritmi di lavoro. L’accordo prevede infatti che in linea le pause vengano ridotte a 30 minuti (divisi in tre pause da 10) invece degli attuali 40 minuti (due pause da 20). Ma tutti devono fare qualche sacrificio, no?

Punto 9. Cigs (ovvero Cassa integrazione Straordinaria)
Il radicale intervento di ristrutturazione dello stabilimento Giambattista Vico per predisporre gli impianti alla produzione della futura Panda presuppone il riconoscimento, per tutto il periodo del piano di ristrutturazione, della cassa integrazione guadagni straordinaria per ristrutturazione per due anni dall’avvio degli investimenti, previo esperimento delle procedure di legge.
Per preparare gli impianti alla produzione della nuova Panda (ristrutturazione), viene riconosciuta la cig straordinaria, per appunto, per due anni dall'avvio degli investimenti.

Questo punto mi ha sconcertato. E’ vero, non so proprio nulla di economia aziendale, ma com’è che si chiede la cassa integrazione già prima di investire?
Interessante la frase "In considerazione degli articolati interventi impiantistici e formativi previsti nonché della necessità di mantenimento dei normali livelli di efficienza nelle attività previste, non potranno essere adottati meccanismi di rotazione tra i lavoratori, non sussistendone le condizioni".
Leggo: potrebbe capitare che la cassa integrazione non sia distribuita uniformemente tra i lavoratori ma che siano lasciate a casa persone considerate meno efficienti dando la possibilità di lavorare a coloro su cui l’azienda ha investito in formazione. La cassa integrazione sarà quindi senza la cosiddetta “rotazione” che permette a tutti di lavorare almeno un po’: i lavoratori non sono tutti uguali.

14. Clausola di responsabilità
Tutti i punti di questo documento costituiscono un insieme integrato, sicché tutte le sue clausole sono correlate e inscindibili tra loro, con la conseguenza che il mancato rispetto degli impegni eventualmente assunti dalle organizzazioni sindacali e/o dalla RSU ovvero comportamenti idonei a rendere inesigibili le condizioni concordate [...] libera l’azienda dagli obblighi derivanti dalla eventuale intesa nonché da quelli derivanti dal CCNL Metalmeccanici in materia di: contributi sindacali, permessi sindacali [...] ed esonera l’azienda dal riconoscimento e conseguente applicazione delle condizioni di miglior favore rispetto al CCNL Metalmeccanici contenute negli accordi aziendali in materia di: permessi sindacali aggiuntivi [...].

Questo è uno dei punti dolenti dell’accordo (non che gli altri siano allegri!)
E’ la Fiat che può decidere se una qualsiasi iniziativa, ad esempio uno sciopero o una protesta interna, sia in contrasto con uno dei punti dell’accordo. La violazione dell’accordo consentirebbe inolte all’azienda di agire nei confronti delle organizzazioni sindacali.
Prosegue poi il punto 14.
Inoltre comportamenti, individuali e/o collettivi, dei lavoratori idonei a violare, in tutto o in parte e in misura significativa, le presenti clausole ovvero a rendere inesigibili i diritti o l’esercizio dei poteri riconosciuti da esso all’Azienda, facendo venir meno l’interesse aziendale alla permanenza dello scambio contrattuale e inficiando lo spirito che lo anima, producono per l’azienda gli stessi effetti liberatori di quanto indicato alla precedente parte del presente punto.

Eccolo qui, ben mascherato dalle parole, il tentativo di indebolire il diritto allo sciopero. Comportamenti che contrastano l’interesse dell’azienda e che violano le direttive dell’accordo (ad esempio interrompere la produzione per aderire ad uno sciopero?) hanno "effetti liberatori" cioè liberano l’azienda dagli obblighi contrattuali. Non mi è chiaro qui se si intendano solo gli obblighi relativi alle tematiche sindacali oppure gli impegni previsti in generale dal contratto.

Le mie considerazioni.Ma può un’azienda proporre un accordo in deroga alle leggi vigenti, ai contratti di lavoro nazionali solo perchè manifesta l’intenzione di investire in un’area del paese?
Se come me vi siete chiesti: tutte queste modifiche faranno davvero bene all’azienda? Magari servono a breve termine, ma poi? Qualcun altro si è già posto la stessa domanda e l’articolo è qui "Mano libera in fabbrica".

Gli operai potranno ora esprimere con il voto al referendum. Ah certo, bella scelta. Mi viene in mente il modo di dire "O mangi la minestra o ti butti dalla finestra".
Mi domando: è giusto che per lavorare per si rinunci ai propri diritti?
Voi potrete obiettare che già lo fanno in tanti. Chi è costretto a firmare la lettera di dimissioni al momento dell’assunzione (ne avevo parlato qui), chi sopporta turni massacranti in un call center, i lavoratori interinali che sono costretti a dire sempre sì appesi ad un rinnovo del contratto, professionisti obbligati ad aprire la partita iva per poi lavorare come subordinati in piccole e anche grandi aziende.
Già sono tanti i lavoratori che non hanno diritto ai proprio diritti.
Ma questa volta si tratta di abbassare la testa in modo istituzionalizzato e magari farlo diventare un modello di esempio per i contratti di lavoro italiani.
Ed è questa la cosa che brucia di più.